I migliori vini italiani? Cinquanta, su tutti vince il Brunello
Presentati a Milano Winesider Best Italian Wine Awards
Esordio etichette di qualità provenienti da tante regioni
di Giovanna Moldenhauer
I migliori vini italiani? Sono cinquanta in base alla classifica elaborata da The Winesider Best Italian Wine Awards. “Sono tante le novità di questa edizione 2016 di TWS BIWA – dichiara Luca Gardini – Non parlo solo della partnership e dell’arrivo nel comitato tecnico internazionale di nuovi giudici ma anche, e soprattutto, dell’entrata in classifica per la prima volta di tante etichette provenienti da diverse regioni d’Italia. Ci sono molte realtà che confermano la loro presenza, a dimostrazione dell’importanza e del valore che hanno la costanza produttiva e la garanzia di un livello qualitativo alto del prodotto. Ma ci sono anche tanti nuovi ingressi e questo mette in luce ancora una volta le grandi potenzialità del nostro Paese, dimostra che le aziende stanno crescendo su tutto il territorio”. Quest’anno Luca Gardini ha stretto una main partnership con l’innovativa piattaforma per la gestione della cantina dei ristoranti di qualità The Winesider – start up creata da Gianni Miscioscia e dal figlio Giacomo – e per celebrarlo la classifica diventa TWS BIWA – The Winesider Best Italian Wine Awards.
L’accordo è stato suggellato dalla creazione di un nuovo logo che fonde insieme i calici tricolore del BIWA e il cavatappi di The Winesider, ideato da Independent Ideas di Lapo Elkann. Modernità e tecnologia in supporto alla qualità, garantita da un’attenta selezione delle referenze che raccontano le migliori realtà italiane nel mondo del vino, sono questi i valori che accomunano Best Italian Wine Awards e The Winesider – servizio innovativo per la gestione della cantina e l’approvvigionamento del vino dei migliori ristoranti italiani – che da oggi si fondono insieme per dare voce a livello nazionale e internazionale a chi il vino lo fa, con passione e dedizione.
Dopo le degustazioni alla cieca, che si sono svolte al Four Seasons di Milano, del comitato internazionale è stata creata la nuova classifica dei 50 migliori vini d’Italia. Per l’edizione 2016 la giuria del TWS BIWA si è ampliata e arricchita con l’ingresso di quattro nuovi giudici. Luciano Ferraro, Kenichi Ohashi, Amaya Cervera e Marco Tonelli hanno affiancato il team composto da Tim Atkin, Christy Canterbury, Daniele Cernilli, Antonio Paolini e Pier Bergonzi, oltre a Luca Gardini e Andrea Grignaffini, ideatori della classifica.
Luciano Ferraro, capo redattore del Corriere della Sera e firma della rubrica Corriere DiVini, è autore insieme a Luca Gardini della guida “Vignaioli e Vini d’Italia” giunta alla sua terza edizione. Kenichi Ohashi è l’unico Master of Wine giapponese, esperto del mondo del vino ma anche maestro della degustazione del sake, nominato Sake Expert Assessor e Master Of Sake.
Amaya Cervera, fondatrice del sito internet spanishwinelover.com è una wine journalist con un’esperienza di oltre 15 anni, fa base a Madrid e scrive per diverse riviste di settore come The World Of Fine Wine e Spain Gourmetour. È stata direttrice della rivista Todovino e collabora a numerosi progetti editoriali nel mondo del vino. Marco Tonelli, giornalista bolognese, da molti anni collabora con prestigiose riviste di enogastronomia e con le guide di settore, è membro del comitato di degustazione della Gazzetta dello Sport e ha collaborato con il Corriere della Sera per la stesura del libro “Vignaioli e Vini d’Italia” nel 2013 e 2014. È il primo Habanos Sommelier italiano e nel 2013 ha partecipato alla finale dei campionati del mondo a Cuba per questa categoria. I profili interessanti, di livello dei quattro giudici, inseriti all’interno del comitato internazionale quest’anno, che possono contare su competenze differenti, sicuramente preziose per arrichire e dare un taglio più sfaccettato alla nuova classifica dei 50 migliori vini italiani.
Oltre al Brunello di Montalcino Cerretalto 2010 di Casanova di Neri al primo posto, al secondo posto della cantina Marisa Cuomo con il suo Furore Bianco Fiorduva 2014 dalla Costa d’Amalfi, al Sassicaia 2013 di Tenuta San Guido si è ripetuta l’infinita sfida tra il Brunello di Montalcino con dieci premi tra cui il Pelagrilli 2011 di Siro Pacenti contro i sette di Barolo e qui citiamo il Barolo Monvigliero 2012 del Comm. G.B. Burlotto.
Le sorprese sono state l’11° posto del Vin Santo di Vigoleno 2006 di Alberto Lusignani, il 14° del Passito Scaccomatto di Albana 2013 di Fattoria Zerbina, il 50° del Lambrusco di Sorbara Rito 2015 di Cantina Zucchi tutti dall’Emilia Romagna, il 13° della Malvasia 2013 di Skerk e il 23° della Vitovska Kamen 2014 macerata in pietra carsica di Zidarich entrambi da Duino Aurisina in provincia di Trieste, il 36° del Pecorino Bianchi Grilli 2014 di Torre dei Beati azienda biologica certificata dell’Abruzzo. Una gradita conferma sono stati il Nero d’Avola Saia 2014 di Feudo Maccari al 4° e il Vecchio Samperi di Marco de Bartoli al 9° dalla Sicilia, il Terlaner I Grande Cuvée 2013 di Cantina Terlano al 10°, il Vigneti delle Dolomiti Bianco Manna 2014 di Franz Haas al 37° e il Gewürztraminer Vendemmia Tardiva Terminum 2013 di Cantina Tramin al 40° dall’Alto Adige, il Rosazzo Terre Alte 2013 di Livio Felluga al 38° dal Friuli.
Assegnati poi premi speciali di cui uno per l’azienda che incarna la Tradizione a Mastrobernardino cantina che ha saputo, vendemmia dopo vendemmia, preservare e rilanciare le tradizioni enologiche del proprio territorio. Come vino promessa a Boroli per il suo Barolo Villero 2012 da Castiglione Falletto. Seguiva poi il premio per il vino rosso da uve autoctone al Ciliegiolo di Narni di Bussoletti dall’Umbria, per il vino bianco da uve autoctone Verdicchio dei castelli di Jesi Classico Riserva Tardivo ma non tardo 2013 di Santa Barbara dalle Marche, come vino Pop il Sangiovese Romagna Superiore Caciara 2015 di Enio Ottaviani e alla cantina Pacherhof di Varna in Alto Adige come alfiere del territorio.
Sia le 50 aziende della classifica Best Italian Wine Award, così come i premi speciali, hanno messo in luce l’eccellenza della produzione vinicola italiana fatta non solo da realtà dall’acclarata fama e storia ma anche e soprattutto da appassionati interpreti attenti alla sostenibilità e che utilizzano solfiti in quantità decisamente inferiori ai disciplinari di produzione.