A Triora streghe e sapori che ammaliano
A Triora il Bar Trattoria Loreto incanta con i sapori
Ravioli di borragine e coniglio arrosto nel locale che è storia del gusto
FUGA DAL CAOS – Triora è una scoperta piacevole per chi, d’estate, non gradisce la confusione e la calca delle città che costellano la riviera ligure di Ponente. Per trovare un angolo di verde e fresco e di silenzio, vale la pena di prendere l’auto o la moto o la bicicletta e di inerpicarsi sulle stradine dell’entroterra.
Il punto di riferimento, sulla costa, è Arma di Taggia, storica località balneare amata anche dal turismo internazionale e, per chi ha avuto la fortuna e la passione di incrociarne la non estesa produzione discografica, citata anche in un brano firmato dai comici Cochi e Renato (Cochi Ponzoni e Renato Pozzetto) con l’immancabile Enzo Jannacci.
A me mi piace molto il mare perchè una volta sono stato ad Arma di Taggia col mio papà (“A me mi piace il mare”)
DALLA COSTA IN SU – Poco prima di Arma di Taggia si incrocia la deviazione per Montalto e Triora: qui si entra nella Valle Argentina, solcata dall’omonimo torrente che rumoreggia fra lastroni levigati e cascatelle che accompagnano il percorso facendo percepire i dislivelli più forti.
Superato il ponte medievale di Taggia, a 16 arcate, la statale 548 con una serie di curve sale a Badalucco e poi a Montalto Ligure.
IL FASCINO DI TRIORA – Ci vogliono ancora 16 chilometri di strada tortuosa per arrivare ai 776 metri di Triora, a meno di quattro chilometri in linea d’aria dal confine francese, in piena terra occitana, nei luoghi di bàgiue, le famose streghe di Triora, arcane figure sospese tra fantasia e realtà.
IL SANTUARIO – Prima di arrivare a destinazione, su un curvone si incontra il santuario della Madonna di Loreto, un tempo Santuario delle Saline perché di qui passava la via del sale e i contrabbandieri si concedevano una sosta. Al suo interno c’è una Madonna nera.
IL BAR TRATTORIA LORETO – Accanto, con un insegna che è impossibile non vedere, il Bar Trattoria Loreto che già nel suo nome offre un appassionato tributo alla spettacolarità di questi luoghi.
Un posto accogliente, dove il tempo si è fermato e i trofei di caccia ricordano su ogni parete che questa è una zona in cui si possono trovare animali visti solo in fotografia o in qualche filmato su canali televisivi tematici dedicati alla natura e alla fauna selvatica.
APERTO DA OLTRE 50 ANNI – Il locale è aperto dal 1964 e da allora ha costituito un punto di riferimento sicuro per chi cerca i sapori del territorio e una cucina semplice e genuina in cui il gusto dell’essenziale assume una vera e propria cifra stilistica.
Per i 50 anni di attività i titolari hanno organizzato una festa che ha raccolto in questo punto così tranquillo e così poco mondano tanti amici ed estimatori della Trattoria Loreto. Il compleanno sarà celebrato anche nel 2016 in occasione della prima domenica di settembre, quando sono in programma le celebrazioni della Madonna bianca.
DUE DONNE AL COMANDO – A guidare la Trattoria Loreto due donne, Mamma Renata e la figlia Egidia che da tempo hanno scelto un orario di apertura – dalle 8 alle 22 – in grado di soddisfare tutti gli appassionati ciclisti, podisti, motociclisti, escursionisti che vogliono fermarsi per una pausa e concedersi una sosta golosa.
NO BANCOMAT -E’ aperto tutto l’anno, ad eccezione di gennaio e febbraio, e dispone di circa 50 coperti. Se deciderete di andarci, portatevi denaro contante, non si accettano né bancomat né carte di credito.
COSA ASSAGGIARE – Il menu, in questa stagione, propone un antipasto con verdure in pastella e salumi locali, i tradizionali ravioli di borragine, il coniglio alla ligure e l’agnello al forno con patate. Piatti il cui profumo delle cose buone di una volta ammalia e incanta prima ancora di averne assaggiato un boccone.
Un posto che è stato celebrato anche sulla stampa internazionale da una giornalista che è rimasta affascinata dalla Bellezza del paesaggio e dall’irresistibile trionfo di sapori che si possono gustare a tavola.
Egidia quando può ama girare il mondo: è stata a Parigi, Londra, Barcellona ma – ammette con candore quasi infantile – non è mai stata a Milano…
Il marito Antonio la “aiuta”, dice lei . E soggiunge: “Ma non bisogna farci molto affidamento”.
LE MULATTIERE – Quando la calma della sala lo consente si concede alle chiacchiere con i suoi commensali e allora racconta di quando, da bambina, doveva percorrere le numerose mulattiere che circondano la località Loreto per raggiungere la Posta a Triora piuttosto che fare qualche altra commissione nei paesi vicini.
LA CITTA’ DELLE STREGHE – Questa parte dell’Alta Valle Argentina è stata resa famosa da Triora e dalle storie delle streghe, che qualcuno vorrebbe siano frutto solo di pura fantasia,
“Nessuna fantasia, ma storia vera accaduta intorno al 1588” raccontano in paese, al punto tale che proprio la loro presenza ha motivato la ricerca di documenti e testimonianze esposte al museo etnografico.
IL MUSEO ETNOGRAFICO – Distribuito su due livelli, propone un percorso alla scoperta di pratiche esoteriche e oggetti appartenuti alle cosiddette streghe di Triora.
Al piano sotterraneo una ricostruzione di una stanza delle torture, libri provenienti da tutto il mondo che indagano i trascorsi di queste donne perseguite e poi uccise perché ritenute responsabili di malefici e riti misteriosi.
IL PANE DI TRIORA – Scendendo verso valle, dato che Triora era considerata il “granaio della Repubblica di Genova” la località Molini di Triora, dove il prezioso cereale veniva macinato e poi cotto nei forni che, ancor oggi, producono il “pane di Triora” riconosciuto come Prodotto Agroalimentare Tradizionale (P.A.T.) italiano.
Il pane è preparato con farina di grano saraceno e crusca, lievitata per una notte con acqua tiepida e sale; all’impasto viene aggiunto il giorno successivo altro lievito e farina.
Dopo aver riposato ancora qualche ora su uno strato di crusca i pani, in forme basse e larghe che dopo la cottura raggiungono un peso di circa 850 grammi, vengono cotti in forno caldo utilizzando foglie di castagno per evitare che si attacchino alla base del forno.
A cottura ultimata le pagnotte presentano sulla crosta una incisione di forma quadrata.