Agri-blu, l’innovazione che nasce dai bisogni della terra
Si chiama agricoltura conservativa e la sua ultima evoluzione arriva dagli Stati Uniti. Proprio dove si è sviluppata, a partire dagli anni Trenta del secolo scorso. In Italia ha preso piede soltanto da pochi decenni. Grazie infatti ai primi agricoltori che ne hanno abbracciato i principi e che dal 1988 sono rappresentati dall’Aigacos, l’Associazione italiana per la gestione agronomica e conservativa del suolo. Realtà fondata da un gruppo di agricoltori e di studiosi. Tutti interessati a portare in Italia un modo diverso di fare agricoltura, più in sintonia con le esigenze del suolo.
L’agricoltura blu
L’agricoltura conservativa, comunemente chiamata “agricoltura blu”, consiste in una serie di pratiche agronomiche. Che, limitando gli effetti negativi sulla composizione e sulla struttura del suolo, aumentandone il contenuto di sostanza organica e frenando il processo di erosione e di degradazione, permettono una migliore gestione in campo.
I princìpi cardine
I princìpi cardine dell’agricoltura blu sono tre. Ovvero ridurre al minimo, fino a eliminarle, le lavorazioni del terreno. Quindi mantenere il suolo il più possibile coperto da residui vegetali. E, infine, praticare la rotazione per le colture erbacee.
Pensione per la minima lavorazione
“In Italia non abbiamo molta consapevolezza di quel che succede oltreoceano, ma là stanno mettendo in pensione addirittura la minima lavorazione, a vantaggio di tecniche che si avvicinano sempre più alla semina diretta o su sodo», spiega il vicepresidente di Aigacos, Mauro Grandi, 38 anni, pavese, agricoltore.
“Alcune tecniche recenti, come il vertical tillage”, che consiste in una micro-lavorazione del terreno mediante incisioni con dischi verticali, appunto, a soli 3 centimetri di profondità, “non richiedono – continua Grandi – nessun interramento dei residui, che rimangono sul terreno assicurando temperature più elevate in primavera, con la possibilità quindi di anticipare le semine. Hanno inoltre il vantaggio di poter essere applicate con le più diffuse seminatrici, senza costi aggiuntivi per l’azienda».
Contoterzisti sensibili
“Ci sono ormai alcuni contoterzisti – prosegue Grandi – che hanno scelto di seguire le tecniche dell’agricoltura blu. Specializzandosi proprio nell’offrire agli agricoltori soluzioni mirate, con macchine e attrezzature modificate in funzione delle esigenze e delle caratteristiche delle singole zone”.
L’esempio di Montana
Uno di questi è Paolo Montana, 46 anni, contoterzista che in diciotto anni d’esperienza e di prove eseguite su vari tipi di terreno, è riuscito “a creare il connubio tra agricoltura conservativa e riduzione dei costi“, dice, «con il taglio drastico delle operazioni colturali e con la valorizzazione dei reflui zootecnici e da biogas».
Sinergia di specializzazioni
Da poco Montana ha stretto «una sinergia di specializzazioni», come la chiama lui stesso, tra la propria azienda “Agri Verde” e l’azienda conto terzi specializzata in gestione dei reflui “Servizi & Qualità”. I cui titolari, Giuliano Oldani e Agostino Bonomi, hanno scelto di condividere questa opportunità. Per offrire agli agricoltori servizi a basso impatto ambientale veramente innovativi.
Il punto di forza
Il punto di forza sta nella “valorizzazione della sostanza organica presente nei reflui e della struttura del terreno, attraverso la riduzione del calpestio e l’eliminazione definitiva dell’utilizzo dell’erpice rotante”.
Punto informativo
Per informazioni sull’agricoltura conservativa, si può scrivere a agricolturaconservativa@regione.lombardia.it