Ambiente:la crisi riduce sprechi degli italiani ma nel bidone finisce ancora cibo per quasi 9 miliardi l’anno, single penalizzati da acquisti costosi
“La crisi morde ma ancora troppo cibo va a finire nel bidone. Anche se la recessione ha ridotto notevolmente le cifre degli sprechi, con un calo del 25 per cento dal 2008, in Italia vengono gettati via ogni anno 5 milioni di tonnellate di alimentari commestibili per un valore che sfiora quasi 9 miliardi di euro. Uno scandalo da un punto di vista economico ed etico, soprattutto se si considera che nel 2013 sono aumentati del 10 per cento gli italiani che hanno chiesto aiuto per mangiare, per un totale di 4 milioni di persone assistite con pacchi alimentari e pasti gratuiti nelle mense”. Lo ha detto Dino Scanavino, vicepresidente vicario della Cia-Confederazione italiana agricoltori, intervenendo a Roma al Tempio di Adriano alla Giornata di prevenzione dello spreco alimentare istituita dal ministero dell’Ambiente.
NELLE NOSTRE CASE IL 40% DEGLI SPRECHI – “E’ vero che tra le famiglie cresce la capacità di risparmiare e di riciclare gli avanzi, a riprova della fase economica di estrema difficoltà – ha spiegato Scanavino- tanto che il 70 per cento dei cittadini dichiara di aver tagliato gli sprechi a tavola nell’ultimo anno. Ma la verità è che rimane ancora troppo alto il numero di chi non sa organizzare la propria spesa e finisce per far scadere gli alimenti nel frigo o per non dosare efficacemente le quantità da mettere nel carrello. Ed è così che, nonostante oggi in Italia 16 milioni di famiglie siano costrette a diminuire gli acquisti di cibo, è proprio tra le mura domestiche che si concentra più del 40 per cento del totale degli sprechi del Belpaese”.
“Ma a livello globale la situazione è ancora più drammatica, con ben 1,3 miliardi di tonnellate di cibo che finiscono in discarica, pari a un terzo della produzione totale -ha ricordato il vicepresidente della Cia-. Alimenti che potrebbero essere usati in prospettiva per alimentare la popolazione mondiale in costante aumento e soprattutto per far fronte ai bisogni di chi soffre la fame e la malnutrizione”.
RIPENSARE STILI DI VITA – “Serve, quindi, una maggiore consapevolezza da parte di tutti. Oggi più che mai è necessario acquisire una coscienza solidaristica orientata al risparmio e, più in grande, al riequilibrio dei mercati. Bisogna cancellare gli sprechi e cominciare a ripensare ai nostri stili e sistemi alimentari tenendo conto che nel 2050 la popolazione sarà pari a 9 miliardi di persone. Per questo – ha concluso Scanavino- è molto importante che le istituzioni mettano al centro dell’agenda il cibo e l’agricoltura, promuovendo politiche nazionali e internazionali che scoraggino lo spreco e lo sfruttamento selvaggio delle risorse e garantiscano invece la sicurezza alimentare globale”.
CRESCE A LIVELLI DI ALLARME RISCHIO POVERTA’ – Nel 2012 sono saliti al 29,9 per cento gli italiani a rischio di povertà o esclusione sociale per effetto del calo del reddito disponibile delle famiglie, combinato all’aumento delle tasse e alla disoccupazione galoppante. Una quota che arriva al 48 per cento nel caso dei residenti nel Mezzogiorno, dove infatti il reddito monetario disponibile in valori assoluti è pari a 13.200 euro, quasi la metà rispetto alla media del Nord (20.300 euro).
La conseguenza per le famiglie è una feroce “spending review” casalinga – ha spiegato la Cia – che coinvolge sempre più spesso voci un tempo incomprimibili come il cibo. Dall’inizio della crisi la spesa per la tavola ha perso mediamente 2,5 miliardi di euro l’anno, attestandosi nel 2012 a 117 miliardi, vale a dire sui livelli di vent’anni fa.
SPESA LOW COST SCELTA OBBLIGATA – Ma oggi il carrello alimentare degli italiani è tutto improntato al “low-cost” . Il 62 per cento delle famiglie riduce quantità e qualità del cibo acquistato, percentuale che però supera addirittura il 70 per cento al Sud. Inoltre, per 6,5 milioni di famiglie i discount sono diventati l’unica alternativa sostenibile per resistere ai colpi della crisi, mentre nel Meridione la disoccupazione più alta della media e i redditi esigui fanno sì che un cittadino su quattro (il 24,9 per cento) non possa permettersi un pasto adeguato tutti i giorni.
E’ chiaro, quindi, che occorre prendere provvedimenti seri di sostegno alle famiglie e rilanciare i consumi – ha evidenziato la Cia- perché il quadro complessivo, al di là delle indicazioni macroeconomiche su una ripresa dell’economia, è quello di un Paese ancora strozzato dalla recessione.
LE PEGGIORI MAZZATE SUI SINGLE – Intanto, quasi un italiano su tre vive da solo (31 per cento) con le famiglie composte da un unico componente che sono salite a quasi 7,7 milioni, con un aumento record del 41% in 10 anni. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti sulla base dell‘ultimo censimento Istat sulla popolazione e famiglie in Italia disponibile.
In Italia sono passate da 5.427.621 (24,9% del totale) a 7.667.305 (31,2% del totale) le cosiddette famiglie unipersonali per effetto – ha sottolineato la Coldiretti – dei profondi mutamenti demografici e sociali che si sono verificati. Con il maggior numero di italiani che vivono da soli si è verificata, una forte crescita del numero di unità familiari presenti in Italia che solo salite a 24.611.766, con un aumento dell’11,5% in 10 anni.
Ma il cambiamento della struttura familiare – ha affermato la Coldiretti – influenza profondamente i bisogni e i comportamenti socioeconomici degli italiani. Infatti vivere da soli è più costoso: i single in Italia spendono per gli acquisti alimentari oltre il 60% in più rispetto alla media delle famiglie italiane: la spesa media per alimentari e bevande di un single è di 332 euro al mese mentre ogni componente di una famiglia tipo di 2,3 persone ne spende 204.