Il caso del pesto al botulino, la tossina dei cibi conservati male
Sono una trentina le persone ricoverate negli ospedali Galliera, San Martino e Gaslini per sospetta intossicazione da botulino dopo avere mangiato pesto prodotto dall’azienda Bruzzone e Ferrari. Tutti hanno riferito di avere consumato lo stesso pesto. Campioni di sangue, urine, feci e del pesto stesso sono state inviate al Ministero della Salute, a Roma, per le analisi.
La ditta genovese che produce la salsa al basilico aveva immediatamente provveduto a ritirare i vasetti incriminati, ma, nonostante questo, si sono registrati casi di intossicazione. Le strutture sanitarie della Regione Liguria si sono subito attivate dopo l’allarme lanciato dal Ministero della Salute.
ATTIVATE LE PROCEDURE – “Stiamo seguendo con la massima attenzione questo possibile rischio botulino – ha spiegato l’assessore regionale alla Salute, Claudio Montaldo – emerso dalle procedure di autocontrollo su una partita di pesto distribuita in Piemonte. Le procedure sono state eseguite dalla stessa ditta produttrice Bruzzone e Ferrari di Genova-Prà, alla quale va il nostro apprezzamento per aver provveduto, insieme con gli operatori sanitari, a ritirare subito il prodotto dal mercato che appartiene al lotto 13 G03 con scadenza 9 agosto 2013”.
Il direttore del pronto soccorso dell’Ospedale Galliera, dove sono tenute ancora in osservazione 17 persone, tra le quali due minori, Paolo Cremonesi, ha spiegato che ”alcuni dei ricoverati presentano problemi gastrointestinali come diarrea e vomito, altri problemi neurologici come stanchezza e abbassamento delle palpebre. Dopo gli opportuni controlli potrebbero essere dimessi anche loro”.
COME SI SVILUPPA IL BOTULINO – La tossina a causa della quale si è sviluppato il caso legato al consumo di pesto in vasetti si sviluppa dal microrganismo Clostridium botulinum, comune nel terreno e nell’aria e innocuo finchè è a contatto con l’ossigeno. A trasformarlo in una minaccia per la salute sono a volte le cattive condizioni di conservazione degli alimenti.
La tossina viene infatti prodotta in mancanza di ossigeno e quando la temperature superano cinque-dieci gradi. Non si forma invece in ambienti molto acidi, come salsa di pomodoro o aceto.
Il suo vero nemico è il calore, che la distrugge: basta cuocere i cibi a 105 gradi per due ore o nella pentola a pressione per dieci minuti. Se invece la cottura è breve e i cibi sono conservati sott’olio c’è il rischio che sfugga qualche spora.
Riconoscere i cibi contaminati è quasi impossibile.
La tossina responsabile del botulismo può provocare conseguenze molto gravi, evitabili con il siero entro 48 ore dall’ingestione o ricorrendo alla rianimazione. Gli effetti sono infatti temporanei, anche se in alcuni casi possono protrarsi per mesi. Nelle forme più gravi le tossine si legano alle fibre del sistema nervoso e aggrediscono l’organismo a partire dai nervi cranici. Prima compaiono disturbi alla vista, poi difficoltà a deglutire e problemi intestinali. La conseguenza più grave è la paralisi dei muscoli respiratori, che può portare alla morte se non si provvede immediatamente alla respirazione artificiale.
PIU’ DI 200 ALLARMI NEL 2013 – “Con l’annuncio della sospetta presenza di botulino nel pesto genovese lanciato dal Ministero della Salute sale il numero degli allarmi alimentari in Italia che nel primo semestre dell’anno sono stati ben 268 con una tendenza all’aumento rispetto al 2012 quando erano stati pari complessivamente a 517 i casi rilevati nell’intero anno”. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti sulla base della relazioni sul sistema di allerta comunitario.
A conferma della capillarità ed efficienza del sistema di controllo nazionale dei cibi, l’Italia è risultata il Paese che ha inviato il maggior numero di segnalazioni di rischi alimentari alle autorità comunitarie nel primo semestre del 2013 ma va anche evidenziato che in circa 8 casi su dieci gli allarmi rilevati a livello nazionale hanno riguardato in realtà prodotti alimentari di provenienza straniera. Diffusi sono i casi di contaminazioni microbiologiche degli alimenti con i rischi, oltre che a livello di preparazione industriale, aumentano anche nella conservazione casalinga in estate durante la quale occorre prestare particolare cura. “E’ importante sapere che – ha concluso la nota di Coldiretti – alcuni batteri crescono anche nei frigoriferi a temperatura di refrigerazione e d’estate è meglio spostare il termostato su una temperatura più fredda rispetto all’inverno ed assicurarsi che la porta del frigorifero sia sempre ben chiusa, apritela solo quando è necessario e richiudetela il più presto possibile. Per la conservazione dei cibi in frigorifero è anche importante tenere ben distinti gli alimenti già cotti da quelli crudi”.