Il “parmesan” di Sonja Korspeter, una reporter tedesca nel Mantovano ospite di Arga Lombardia
PEGOGNAGA (Mantova) – Se pensate che per tutti i tedeschi un “parmesan” valga l’altro, vi sbagliate di grosso. A dimostrarcelo, taccuino alla mano, Sonja Korspeter, giornalista di origini tedesche trapiantata da qualche anno nei dintorni di Zurigo, che sull’allevamento delle vacche da latte per la produzione di Parmigiano Reggiano scriverà due articoli: uno per la rivista tedesca “BDM Aktuell”, l’altro per la danese “Danske Maelkeproducenter”. Per farlo ha chiesto aiuto ad Arga Lombardia-Liguria, grazie ai contatti presi durante un viaggio stampa nella zona di produzione del Gruyère, nell’autunno 2013. Così ho avuto il piacere di accompagnarla tra le campagne del Basso Mantovano, nei territori al confine con l’Emilia Romagna colpiti dal terremoto del 2012.
A PEGOGNAGA PER SCOPRIRE LE ECCELLENZE DEL MANTOVANO – Per il reportage di Sonja la scelta è caduta sulle aziende condotte da Corrado Zilocchi e dai suoi due soci, la Bertoletta di Pegognaga e la Fondo Barilla a Campagnola Emilia, qualche chilometro più in là. Con l’aiuto di otto collaboratori, i tre accudiscono, nelle due tenute, 700 capi di razza frisona: 300 vacche in mungitura, 350 da rimonta o comunque “asciutte”, più una cinquantina di torelli per la monta naturale che l’azienda vende ad altri allevatori. Zilocchi, infatti, è anche un selezionatore molto quotato, responsabile, tra l’altro, del Servizio valutazioni morfologiche per l’Anafi (Associazione nazionale allevatori frisona italiana).
OGNI GIORNO 100 QUINTALI DI LATTE – Il latte prodotto, in media 100 quintali al giorno (10.000 litri), viene conferito alla latteria cooperativa Vo’ Grande di Pegognaga, (della quale Zilocchi è socio), che produce ogni anno circa 27 mila forme di Parmigiano Reggiano.
L’alimentazione delle vacche arriva per buona parte dai campi delle due aziende, 220 ettari coltivati a erba medica, loietto, mais granella e frumento da sfalcio. “Home made” i concimi: liquame e letame aziendale riescono a coprire per il 90% l’apporto di fertilizzanti di origine naturale.
LE REGOLE DEL DISCIPLINARE – Il foraggio non prodotto in azienda viene acquistato nel dintorni: il regolamento per l’alimentazione delle bovine del consorzio Parmigiano Reggiano prevede, infatti, che almeno il 75% della sostanza secca dei foraggi debba provenire dal comprensorio, che va dalla riva destra del fiume Po alla sinistra del fiume Reno. Il 50% della sostanza secca dei foraggi deve essere rappresentata da fieno.
E qui entra in gioco l’abilità nell’organizzare la raccolta: “Il cantiere di lavoro – spiega Corrado Zilocchi – è fondamentale. E la possibilità di disporre di un impianto di essiccazione artificiale garantisce il risultato di fieni sani, senza muffe o fermentazioni dannose”. Il fieno, base della dieta dei ruminanti del Parmigiano, viene poi integrato con cereali per bilanciare il fabbisogno proteico, che nel caso di questo formaggio non possono essere insilati.
SOSTENIBILITA’ ENERGETICA – Anche per l’energia, le aziende Zilocchi cercano di essere il più possibile autonome, in parte attraverso il fotovoltaico e in parte utilizzando le deiezioni animali, che vengono convogliate all’impianto a biomasse attraverso tubi sotterranei. Il digestato viene poi utilizzato per la concimazione, con il vantaggio che contiene meno ammoniaca.
Sonja (che la sera abbiamo portato ad assaggiare le delizie dell’Osteria della Villetta a Palazzolo sull’Oglio, nel Bresciano), ha riempito di appunti il suo taccuino. Pronta a far scoprire anche ad altri che, tra un Parmesan e un Parmigiano Reggiano dop, c’è una bella differenza. E si sente.
Sabrina Pinardi