Mais OGM anche in Italia, no alla nuova Pac e sì al lavoro della Regione: nostra intervista al neo presidente di Confagricoltura Lombardia Matteo Lasagna
E’ tra i firmatari del manifesto pro Ogm, boccia la nuova Pac, promuove il dialogo con la grande distribuzione, elogia il lavoro della Regione e tira le orecchie allo Stato. Matteo Lasagna, 40 anni, titolare con il padre di un’azienda zootecnica a conduzione famigliare a Pegognaga, nel Mantovano, alleva 15 vacche da latte per la produzione di Parmigiano Reggiano,16 mila quintali di latte all’anno, da poco eletto presidente lombardo di Confagricoltura, racconta ad Arga Lombardia la propria idea di agricoltura.
Lei è tra i promotori della raccolta firme per chiedere che il mais geneticamente modificato possa essere seminato anche in Italia. Quali sarebbero, secondo lei, i vantaggi?
Il mercato ce lo impone. Tutti chiedono prodotti tipici, ma poi non c’è trasparenza (la soia con cui viene alimentato il bestiame è quasi tutta Ogm, ndr). Io sono per la conoscenza.
Chiedo che, con l’ausilio di ricercatori universitari, si possano sperimentare in pieno campo gli effetti positivi e negativi delle sementi geneticamente modificate, anche per capire se si adattano al nostro ecosistema. Altrove, mi riferisco ad esempio alla Spagna, questo sta avvenendo da tempo con buoni risultati. Insomma, vorremmo meno caccia alle streghe e più consapevolezza, soprattutto da parte della classe politica.
Ma così non si rischia di fare il gioco delle multinazionali delle sementi?
Chi crede di potersi rifare le sementi in casa non crede nel progresso dell’agricoltura. Il gioco delle multinazionali lo stiamo già facendo.
Il settore suinicolo non sembra trovare pace. La Confagricoltura lombarda ha una ricetta?
Il settore vive da tempo crisi cicliche. Ultimamente, però, i picchi sono sempre più negativi. La soluzione non è semplice, perché la ristrutturazione del comparto, che sarebbe necessaria, non riesce a decollare. Tra l’altro, sta andando in crisi anche il sistema cooperativo. Per questo ritengo opportuno che si cominci a ragionare seriamente anche con la grande distribuzione organizzata.
Noi, ad esempio, stiamo pagando la concorrenza di prodotti non tracciati. La tracciabilità seria potrebbe dare respiro agli allevatori di suini, ma questi dovrebbero cedere una parte della propria sovranità e fare sedere attorno al tavolo della concertazione la Gdo.
Ma non è rischioso? Poi il prezzo chi lo fa?
Dobbiamo metterci in testa che non siamo autosufficienti in tutto. Io non sono contrario al “chilometro zero”, ma mi sta bene anche un buon prodotto a “chilometro 15 mila”. La nostra agricoltura è forte perché fornisce prodotti all’industria agroalimentare che esporta in tutto il mondo. Questa industria e questa agricoltura non possono non ragionare con la Gdo.
Forse ci sarebbe da ragionare anche con gli assessorati all’urbanistica: il terreno agricolo è sempre di meno.
Oggi, nella sola provincia di Mantova, ogni giorno si trasforma in cemento l’equivalente di due campi da calcio, a scapito degli agricoltori. Noi siamo chiamati a tutelare l’ambiente, a difenderci dall’erosione del territorio agricolo.
Come stanno reagendo le aziende colpite dal terremoto del maggio 2012?
Tra i terremotati ci sono anch’io. Le nostre cooperative di trasformazione sono di nuovo sul mercato, efficienti come sempre. Ma se siamo ripartiti senza fermarci dobbiamo ringraziare Regione Lombardia, che ha assecondato la nostra voglia di ricominciare. Abbiamo sentito, invece, la mancanza dello Stato. Credo ne sappiano qualcosa i nostri sindaci, che ancora faticano a portare a casa i fondi stanziati. Io, se servirà, sarò al loro fianco.
Le elezioni europee si avvicinano. Come giudica la nuova Pac?
Per come ci è stata presentata non va bene per l’agricoltura lombarda e italiana. Ripongo molta fiducia nel ministro Martina, che spero possa rappresentarci meglio. Adesso scontiamo anni di mancanza di programmazione. Altri Paesi, invece, si sono cuciti addosso una politica agricola su misura.
E il piano di sviluppo rurale?
La Regione ha lavorato bene, ha portato a casa 133 milioni in più per i nostri agricoltori. D’altronde, l’agricoltura lombarda è la prima in Italia. E noi vogliamo essere sempre più protagonisti, ma come locomotiva che traina e non come vagone delle eccellenze. Il mio ruolo sarà anche questo: non possiamo permetterci divisioni, il Paese deve camminare tutto insieme.
Sabrina Pinardi