Olio: consumo consapevole per proteggere l’Olio d’oliva italiano
Mentre la crisi fa diminuire i consumi dell’olio d’oliva a vantaggio degli oli di semi, il consumatore fatica sempre più a riconoscere il prodotto italiano e sceglie mettendo sulla bilancia qualità e prezzo. O almeno ci prova.
Sugli scaffali le marche di olio extravergine sono numerosissime, molte però riportano in etichetta la presenza di oli comunitari.
Gli oli Dop e Igp riconosciuti nella Ue sono complessivamente 116, di questi 43 sono italiani (pari al 40% del totale), seguono quelli greci (27 riconoscimenti) e spagnoli. Eppure nonostante il gran numero di riconoscimenti la realtà italiana Dop rappresenta ancora una nicchia molto piccola.
L’Italia vanta una tradizione consolidata nei consumi, ma accanto a una qualità sensibilmente migliorata, tale da conseguire livelli di eccellenza finora mai raggiunti, c’è da riscontrare un mercato che di volta in volta ha sottratto valore e confinato l’olio ricavato dalle olive nell’ambito dei prodotti commodity, con prezzi in molti casi sottocosto. Per uscire da questa situazione è necessario riposizionare in maniera strategica l’olio extra vergine di oliva, senza tuttavia trascurare tutte le categorie merceologiche che scaturiscono dall’oliva (olio d’oliva vergine, olio di oliva composto da oli d’oliva raffinati e da oli d’oliva vergini, olio di sansa di oliva).
Secondo Pina Romano, presidente dell’Organizzazione nazionale Interprofessione olio di oliva, per ridare slancio a un settore che appare in sofferenza occorre puntare a una maggiore capacita di aggregazione, creando coesione e condivisione tra produttori, oltre che nell’ambito della filiera, senza trascurare la grande distribuzione organizzata e in particolare la ristorazione.
Fare strategia italiana, puntando a una migliore organizzazione logistica per condividerne le scelte insieme, è questa la via d’uscita secondo l’Interprofessione olio di oliva. I propositi sono chiari, e consistono nell’attivare una maggiore integrazione verticale. “Fare sistema con le imprese agricole italiane e ridurre la dipendenza dalle importazioni”, è questa la sintesi vincente che ancora non si è riusciti a concretizzare. Pina Romano si è cucita addosso il ruolo di portavoce di un impegno corale e condiviso, nel tentativo, non facile, di coniugare i bisogni di tutti, facilitando anche i rapporti commerciali tra i diversi attori della filiera.
C’è infatti la forte necessità di promuovere una spinta culturale che avvicini sempre più l’olio al consumatore, rendendolo fruibile in modo diverso rispetto al passato. L’obiettivo, in un contesto così problematico, è di creare valore a partire infatti da un nuovo approccio con l’olio. Per farlo, è necessario ripensare anche il prodotto stesso, imparando a formularlo in maniera diversa rispetto al passato, a beneficio di chi lo utilizza senza essere in grado di farlo correttamente. Luigi Caricato, il direttore di Olio Officina Food Festival, lo ammette: “Spesso e volentieri non tutti, pur impiegando di frequente, e in gran quantità, gli oli da olive in cucina, sanno fruire dell’olio extra vergine di oliva con una adeguata competenza. E’ un motivo in più per comprendere che la strada da seguire non è l’uso indistinto degli oli da olive, ma l’applicazione pratica dell’olio in cucina, condotta attraverso l’acquisizione di un sapere che finora è mancato in cucina anche a livello professionale”.
Il successo di Olio Officina Food Festival, un grande happening proiettato in tale direzione, dimostra di essere la risposta giusta per ridare valore a tutta la gamma merceologica degli oli ricavati dall’oliva. L’appuntamento con la terza edizione è a Milano dal 23 al 25 gennaio 2014, presso il palazzo delle Stelline. Il tema portante del prossimo anno sarà l’anima sociale dell’olio e del cibo.
Il traguardo che ci si prefigge non è impossibile. Attraverso il canale della ristorazione e delle oleoteche, oltre che con l’ausilio delle stesse scuole di cucina, si potranno risolvere in parte i tanti problemi che affliggono il settore. La strada da percorrere è sulla scia della valorizzazione di tutte le categorie merceologiche degli oli di oliva, a partire dall’olio extra vergine di oliva, per poi passare dall’olio di oliva vergine all’olio di oliva, senza escludere l’olio di sansa di oliva. Per il resto, tutte le possibili implicazioni nei diversi impieghi, a crudo come in cottura, oltre che nelle più svariate formulazioni alimentari, rimane il compito futuro di oleologi e cuochi.
Meglio si utilizzano gli oli, più si qualificano i consumi, restituendo indirettamente il valore perduto agli oli extra vergini di oliva.
Il consumatore può riconoscere un olio extra vergine di oliva attraverso le indicazioni obbligatorie e facoltative contenute nelle etichette. E’ bene controllare sempre che su di esse vi siano riportati la denominazione di vendita (il tipo di olio), la categoria – definizione (esplicitazione della denominazione), il nome e/o ragione sociale, sede del produttore e/o confezionatore e/o venditore, sede dello stabilimento di produzione o di confezionamento. volume nominale del prodotto (indicato in litri, centilitri, millilitri), lotto di confezionamento e termine minimo di conservazione o data preferibile di consumo.
In particolare l’olio extra vergine di oliva a denomizione di origine protetta – D.O.P si ottiene in un determinato paese, regione, luogo, le cui qualità e caratteristiche sono dovute essenzialmente o esclusivamente all’ambiente geografico comprendente fattori naturali ed umani; anche la produzione, trasformazione ed elaborazione devono avvenire nell’area geografica determinata. Tale denominazione è regolata a livello comunitario dal regolamento n. 510/ 2006.
In Lombardia abbiamo gli oli extraverigine d’oliva DOP dei Laghi Lombardi (prov. di Brescia, Bergamo, Como e Lecco) e quelli del Garda, mentre l’intera Riviera Ligure è territorio d’elezione per la produzione di oli extravergine DOP.