Pinot nero Pernice di Conte Vistarino perla dell’Oltrepò Pavese
di Giovanna Moldenhauer
Dici Oltrepò e pensi al Pinot Nero varietà che più di ogni altra è croce e delizia per ogni viticoltore che decida di coltivarla, di vinificarla. Sulle colline vitate della provincia di Pavia la varietà è presente solo dal 1850 per opera del Conte Augusto Giorgi di Vistarino che affascinato da quest’uva, dai suoi vini decise di importare dalla Francia le prime barbatelle di Pinot Nero, di impiantarlo nelle sue vigne. Il Conte aveva avviato in quell’anno l’attività enologica nella sua Tenuta Rocca de’ Giorgi di proprietà della famiglia sin dal 1674.
Appassionato di viticoltura, che aveva approfondito con frequenti viaggi in Francia e nella Borgogna patria d’elezione del Pinot Nero, intuii che le sue terre avevano un clima molto simile. L’intraprendente conte produsse nel 1865, insieme all’amico Carlo Gancia, il primo in assoluto spumante secco italiano. Un primo metodo classico a cui nel tempo sono seguiti altri di pregio premiati da riconoscimenti internazionali a Londra e Parigi. Negli anni i successori hanno proseguito il suo progetto ampliando la superficie vitata sino ai 200 ettari attuali e dedicando soprattutto la produzione alla realizzazione di ottime basi per gli spumanti di qualità predilette da grandi produttori di altre regioni tra cui note aziende spumantistiche italiane.
Tutto questo sino al 2000 anno che ha rappresentato una svolta decisiva per l’azienda. Ottavia Conti di Vistarino infatti da quel momento, ha iniziato a gestirla avviando un percorso di qualità in vigna e in cantina, creando un marchio proprio con etichette premiate nel tempo dalla critica e con esportazioni nei principali paesi del mondo.
Dal 2000 Ottavia, che ha ereditato la grande passione del suo trisnonno per la viticoltura e il Pinot Nero in particolare, ha reimpiantato i vigneti, soprattutto della varietà oggetto del nostro approfondimento, a 10 ettari per volta, scegliendo portainnesti e cloni importati direttamente dalla Francia con caratteristiche di bassa produzione e grande potenziale aromatico.
E’ stato avviato anche un lavoro di zonazione – per ottimizzare l’interazione tra vitigno e terroir – che, dato l’estensione della Tenuta, non è ancora del tutto compiuto. Conte Vistarino conduce tutti i 200 ettari dei vigneti, compresi quelli dedicati ad altre varietà bianche, rosse tra cui alcune tipiche del territorio come il Riesling Renano, la Croatina e l’Uva rara, secondo un’agricoltura integrata a basso impatto ambientale.
“In generale preferiamo – commenta Ottavia – utilizzare concimi organici compreso compost urbano certificato, e quando proprio è necessario un ulteriore supporto viene somministrato in dosi minime e per via fogliare per non disperdere nel terreno nessuna sostanza superflua”. La cantina di vinificazione, dotata nel corso degli anni di tutte le moderne tecnologie, è seguita dall’enologo interno Giacomo Barbero con la consulenza e supervisione di Beppe Caviola. E’ in fase di attuazione un progetto di ristrutturazione della cantina storica prospiciente a Villa Fornace, cuore storico della Tenuta, e tuttora residenza della famiglia Conti Vistarino. La costruzione del 1700 realizzata sulle fondamenta di un’antica fornace, dalla quale ha preso il nome, è perfettamente conservata con tutti gli arredi d’epoca.
La passione per il vino di Ottavia è nata durante il Master in Enologia e Viticoltura a Brescia che ha seguito, in ordine di tempo, la laurea in Economia e Commercio all’Università Cattolica di Milano. Appassionata, tenace di carattere ha dopo un periodo di apprendimento e conoscenza, lavorato per imporre la propria personalità a partire dalla vigna fino all’etichetta, presentando l’azienda sui mercati, la qualità dei suoi prodotti.
“Gli studi economici sono stati molto utili in azienda – spiega Ottavia – mentre per la parte produttiva è stato il lavoro sul campo a creare quella conoscenza necessaria che mi ha permesso di aver chiaro l’obiettivo nel bicchiere”. Proseguendo poi “Le vigne che oggi curiamo con dedizione sono per lo più situate dove erano quelle del mio trisnonno. In questa continuità c’è tutto l’amore per questa terra antica, eppure così contemporanea, capace di parlare il linguaggio dei grandi vini con umiltà”.
La gamma Conte Vistarino conta ogni anno circa 400.000 bottiglie. Il Pinot Nero resta uno degli interpreti principali sia vinificato fermo che spumante, ma accanto a lui trovano spazio sia il Riesling Renano che, ovviamente, la vivace Croatina da degustare nella sua veste classica di Bonarda o in quella del tipico Sangue di Giuda DOC.
La varietà che ricopre più della metà dell’intera superficie vitata della Tenuta trova nel cru Pernice la sua massima espressione. Le uve sono ottenute da un solo vigneto in collina di 3 ettari e mezzo, creato nel 1995, esposto a sud su un terreno tendenzialmente calcareo, con parti di argilla, sabbia e pietrisco. La composizione del suolo unita all’esposizione, al clima, le caratteristiche fenologiche del clone di Pinot Nero scelto per questa vigna consentono agli enologi di ottenere ogni anno un vino fine, con una sua personalità complessa e un’ottima attitudine all’invecchiamento. Luigi Veronelli durante la sua zonazione dell’Oltrepò nel 1961 segnalava questo vigneto come eccellente.
Dopo una vendemmia manuale, generalmente all’inizio di settembre, i grappoli scelti dopo una cernita, sono diraspati prima della fermentazione con macerazione. In seguito dopo un affinamento in barriques di primo, secondo e terzo passaggio, dove si svolge una nuova fermentazione detta malolattica (processo che trasforma l’acido malico, duro, in acido lattico, morbido, ndr). Il passaggio successivo è rappresentato dall’assemblaggio delle diverse barriques e dall’imbottigliamento senza filtrazione. In seguito a altro anno di bottiglia, circa 40 mesi dopo la vendemmia, il vino può essere commercializzato.
L’annata 2011 nel calice è di una bella tonalità rubino quasi luminosa. Nell’analisi olfattiva complessa comunica profumi fruttati di ciliegia, susina e mora che precedono note floreali di viola e rosa appassite, poi tabacco, pepe nero, noce moscata, chiodi di garofano e a chiudere leggere note erbacee. L’assaggio è morbido, con un tannino presente ma ben integrato, con un finale speziato e ritorno di tabacco.
Gli abbinamenti sono con carni arrostite come per esempio un carré di agnello al forno con erbe, con la tipica cassoeula, la selvaggina, i funghi oppure con formaggi stagionati dove i tannini e la media alcolicità del vino equilibrano la grassezza dei piatti.